
- Ma dai è verde, che aspetti, il prossimo giro?
Sapeva di dover essere lì per le diciassette, e mancava solo un quarto d’ora. Se avesse fatto tardi pure questa volta, ne avrebbe subito le conseguenze. Un rapido movimento d'occhi su entrambi gli specchietti esterni e appena la vecchia Polo si mosse, la scartò sulla destra.
- Addio specchietto.
Lo scatto troppo rapido, unito alla lentezza di chi lo precedeva, gli fece sbattere l’accessorio esterno sullo spigolo posteriore dell’utilitaria. Buttò lo sguardo su quello interno, l’autista lampeggiava con insistenza e poteva sentire il clacson suonato con altrettanta veemenza. Non poteva certo fermarsi.
Prima, seconda, terza. Il motore ruggiva, con la coda dell’occhio osservava quell'appendice penzolante, ancorata con i cavetti allo sportello. Merda.
Gli occhi saettavano da destra a sinistra, pronti a cogliere i movimenti di tutto ciò che era in movimento sulla sua strada. La lancetta del tachimetro era fissa sui novanta, ben oltre il limite cittadino. Se lo avessero fermato sarebbe stato un bel casino. L’ampio stradone gli consentiva di zigzagare tra una vettura e l’altra, costringendo i diversi automobilista a improvvise frenate.
L’adrenalina era a mille e se ne accorgeva dal tessuto della camicia che sentiva bagnato sotto le ascelle. Altre gocce di sudore gli inumidivano la pelle dietro le orecchie. Un altro semaforo, verde.
- Cazzo, vai, vai.
Un altro impropero rivolto a chi lo precedeva. Il piede premuto sull'acceleratore lo portò a ridosso del fuoristrada.
Manata sul clacson. Altro scarto, questa volta sulla sinistra e sbirciata sullo specchio destro a inquadrare un dito medio sollevato nella sua direzione. L’orologio del cruscotto gli indicava le sedici e cinquantadue ed era appena a metà del percorso.
Visualizzò nella mente i percorsi meno intasati dal traffico della sera. Vediamo, al prossimo a destra, poi dritto fino alla piazza. No, li c’è il teatro. Sì, destra, poi sinistra.
Arrivò in prossimità dello stop libero da auto. Scalò dalla quinta alla terza, leggero colpo di freno e rapida sterzata a destra. Poi via sul gas. La vettura si infilò rapida nella via, costeggiata su ambo i lati di auto parcheggiate. Vedeva l’incrocio a cento metri. Ottanta, cinquanta. Due luci bianche di retromarcia gli attraversarono gli occhi. Un furgone arretrò il tanto giusto a rigargli la fiancata destra.
Il cervello elaborò in una frazione di secondo: macchina nuova, fiancata rigata, bestemmia.
- Porca troiaaa
In una situazione normale si sarebbe fermato a contemplare il danno e insultare il malcapitato autista. No, in una situazione normale non sarebbe capitato, perché non sarebbe stato lì.
Serrò le mani su volante e pomello del cambio, il piede affondato sul pedale. Incrocio a sinistra. Scalata, freno, sterzata, accelerata. All’ultimo momento si rese conto della moto che sopraggiungeva dal senso contrario. Schiacciò ancora sul gas per evitarla sterzando ancor di più, ma le ruote posteriori partirono per la tangente, mandando l’auto in sovrasterzo. In rapidità controsterzò, sollevo il piede dall’acceleratore e subito lo schiacciò, appena si rese conto di aver ripreso il controllo. Grazie Colin Mcrae.
Mancavano appena cinque minuti all’appuntamento e solo un ultimo incrocio. Forse ce l’avrebbe fatta. Semaforo verde, nessuna macchina. Bene. Giallo. Rosso. No, non è possibile. Pedata sul freno e stridore di gomme. Fanculo il semaforo. Conscio dei rischi, affrontò l’incrocio al pari di una roulette russa. Occhiata veloce a destra e sinistra e via. L’ansia e la troppo fretta di uscire, gli impedirono di vedere l’auto proveniente da sinistra e decisamente troppo veloce. L’urto violento all’altezza dello sportello posteriore, mandò la sua macchina a ruote all’aria, facendola strisciare sull’asfalto per parecchi metri. Intontito dalla botta ricevuta, controllò l’orologio digitale. Sedici e cinquantanove. Era un uomo morto. Sganciò la cintura di sicurezza e cadde di peso sulla capote; una spallata decisa allo sportello e via di corsa, per gli ultimi metri che lo separavano dal comando dei carabinieri, dove avrebbe potuto adempiere al suo obbligo di firma.